Hacker coperti dallo stato in Corea del Nord hanno rubato criptovalute per un valore di circa 395 milioni di dollari lo scorso anno nel corso di sette attacchi informatici. Lo ha rivelato Chainalysis, una compagnia di analisi blockchain.
Molti degli attacchi sono stati condotti da Lazarus, un gruppo di hacker che si ritiene operino sotto la protezione dell’intelligence della Corea del Nord, il Reconnaissance General Bureau, stando a quanto sostiene l’agenzia di analisi.
Questi attacchi sono stati diretti a compagnie d’investimento di grande rilievo e agli exchange centralizzati si sono serviti di attacchi phishing, manomissioni del codice, malware per sottrarre i fondi alle organizzazioni collegate attraverso internet agli hot wallet verso gli indirizzi di utenti residenti nella Repubblica Democratica di Corea, il paradossale nome con cui è definita la Corea del Nord.
Le criptovalute rubate erano soprattutto Ethereum, per il 58%, mentre il 20% è stato di Bitcoin. La restante quota del 22% comprende token ERC-20 e altre altcoin.
Il report sostiene che lo stato socialista abbia impiegato diversi sistemi per ripulire le criptovalute rubate. Spesso si sono serviti di piattaforme DeFi dato che molte di queste offrono liquidità senza richiedere la verifica dell’identità del cliente, la procedura know-your-customer (KYC).
Citando il United Nations Security Council, Chainalysis ha detto che la Corea del Nord, che si ritiene disponga inoltre di un patrimonio di 170 milioni di dollari in criptovalute ancora non riciclate, potrebbe utilizzare questi fondi per finanziare il proprio programma missilistico e di armamento.
Lazarus è il gruppo sospettato di stare dietro l’attacco hacker contro Sony Pictures del 2014 e l’attacco ransomware WannaCry di maggio 2017.