La provincia cinese di Qinghai ha ufficialmente diramato il divieto di minare criptovalute. In precedenza Xinjiang e la Mongolia Interna avevano già emesso delle restrizioni per i miner.
Il Dipartimento di Industria e Information Technology di Qinghai ha emesso il documento. Qui si fa riferimento a fattori come l’alto consumo energetico e l’inquinamento ambientale, inoltre si aggiunge la decisione del Consiglio Statale di interrompere il mining di criptovalute e il trading per assicurare la stabilità finanziaria.
Il prezzo di Bitcoin, che è aumentato di 4.000$ dopo la notizia che la moneta ha adesso corso legale in El Salvador, è tornata a calare dopo le novità provenienti dalla Cina.
Secondo il documento diffuso dagli organi di stampa locali, il Governo di Qinghai proibirà a qualsiasi autorità locale di istituire o permettere nuovi progetti di mining di criptovalute. Inoltre si impone la chiusura di tutte le operazioni che riguardino il mining nella provincia.
Sono previste revisioni rigide e altrettante punizioni per chi non rispetterà il divieto, specie per quelle circostanze in cui il mining venga camuffato sotto le spoglie di grossi centri di dati o di attività legate a supercomputing. Il divieto si estende anche alle compagnie che intenderanno fornire supporto logistico, come la fornitura elettrica o i locali per l’attività di mining.
Il governo prevede di condurre verifiche e ispezioni scegliendo le compagnie in maniera casuale. Per questo le compagnie che operano in settori vicini a quello del mining dovranno avere a disposizione sempre la documentazione aggiornata in caso di ispezione.
Il termine previsto per l’applicazione di queste misure è il 20 giugno.